Perché votare Elly Schlein
Ultimo aggiornamento Giovedì 23 Febbraio 2023 10:08
Scritto da Fabiano Corsini
Giovedì 23 Febbraio 2023 10:08



Nei giorni scorsi un bel gruppo di intellettuali e cittadini impegnati ha sottoscritto un appello per la partecipazione alle primarie del PD, a favore del voto a Elly Schlein. Forse si è attenuata in questo modo la preoccupazione di Paolo Fontanelli, che in questi stessi giorni lamentava pigrizia o comunque scarsa partecipazione del mondo della cultura ad un confronto dai cui esiti pare possa dipendere il futuro della sinistra.
Mi ero fino a qualche tempo fa tenuto distante da questa vicenda; simpatizzo per Elly, ma fino ad oggi ha prevalso in me la convinzione che quel partito sia sommerso da un blob , da una poltiglia di un misto di liberismo, atlantismo e opportunismo, oltre che da un inspiegabile istinto suicida.
Alla Leopolda si sono ritrovati i firmatari dell'appello, quasi duecento, e in quella occasione Fabrazio Franceschini ha svolto un intervento, a mio parere di grande spessore.
Comunque vada la vicenda Schlein, i tesi e le questioni che solleva Franceschini sono gli spunti fondmentali per chi voglia riprendere il discorso sulla sinistra e sulla sua vita. Comunque vada la vicenda del PD, nelle prossime settimane e nei prossimi mesi su questi temi dovrem ritrovarci, costruire analisi, costruire politiche.
Ho deciso che domenica andrò a votare, e intanto vi propongo l'intervento di Franceschini.
(clicca qui per leggere Fabrizio Franceschini)

GIUSTIZIA
Intervento di Fabrizio Franceschini, Pisa, Leopolda, 18 febbraio 2023
Ein Gespenst geht um in Europa (Uno spettro si aggira per l’Europa): questa frase di sei parole apre Il Manifesto del Partito Comunista di Marx ed Engels, pubblicato a Londra nel febbraio 1848. Giustizia sociale e climatica sono inscindibili: questa frase di sei parole apre la mozione congressuale di Elly Schlein, che si discute nel febbraio 2023.
Giustizia è la prima parola di questa mozione ed è
una parola da sempre cara ai movimenti di liberazione di emancipazione. La troviamo nel binomio giustizia e libertà, tanto importante nella storia movimento antifascista, democratico e progressista italiano. la troviamo nella frase Diligite iustitiam, qui iudicatis terram che nella Bibbia apre il libro della Sapienza attribuito a Salomone, che Dante ripete nel suo Paradiso e che Pisa pose sulla porta trionfale della città (lapide sulla chiesa della Madonna dei Galletti, Lungarno Pacinotti), a ricordare che la giustizia dev’essere la stella polare sulle rotte dei potenti.
Ma la frase Giustizia sociale e climatica sono inscindibili indica una prospettiva radicalmente nuova, come spiegano le parole che seguono all’inizio della mozione:
Non si può lottare efficacemente contro le diseguaglianze se non si affronta nello stesso tempo l’emergenza climatica, che ne è insieme concausa ed effetto. E viceversa non si può attuare una vera conversione ecologica senza accompagnare in essa tutta la società, a partire da chi lavora e dalle fasce più fragili e più esposte, per non lasciare indietro nessuno. Perché chi è più colpito dall’emergenza climatica in corso sono le persone più fragili e impoverite dalle crisi, sia a livello globale che nel nostro Paese. I Paesi meno sviluppati sono i più colpiti dagli effetti del riscaldamento globale pur essendo quelli che hanno meno contribuito alle emissioni climalteranti.
Ci sono qui la prospettiva internazionale e la prospettiva sociale, ma c’è qualcosa di più profondo, un radicale cambio di paradigma rispetto alla tradizione della sinistra italiana ed europea.
Marx ed Engels hanno individuato come contraddizione fondamentale quella tra sviluppo delle forze produttive e rapporti di produzione. Questa contraddizione e le lotte che ne sono scaturite stanno però in quel mondo che un grande combattente, sindaco e intellettuale, Nicola Badaloni, chiamava natura umanizzata. Ma quello che abbiamo davanti è un cambiamento di mondo.
La nuova contraddizione fondamentale (se non pensassimo questo, non si capirebbe il senso di quell’inizio della mozione Schlein) è tra sviluppo delle forze produttive e condizioni di abitabilità del pianeta. Questa contraddizione non abolisce quella tra sfruttati e sfruttatori, nei singoli paesi e sulla scena internazionale (io dissento da Aldo Schiavone: “non esiste più la lotta di classe”). Nella nostra “assemblea” e nella schiera degli sfruttati occorre però che trovino voce, e diventino compagne e compagni di lotta, nostra sor'aqua / la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta e nostra matre terra, / la quale ne sustenta et governa, / et produce diversi fructi con coloriti flori et herba.
“Questa sorella – ci dice un papa che ha preso nome dall’autore dei versi ora citati – protesta per il male che le provochiamo, a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei. Siamo cresciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla”.
Papa Francesco è avanti, dicono molte e molti di noi, lamentando la mancanza di respiro ideale e di vigore intellettuale della sinistra italiana, a partire dal PD (vorrei dire del vecchio PD, ma se ci sarà un nuovo PD è da vedere: muoviamoci perché ci sia!).
Papa Francesco è avanti, ma anche noi, la sinistra italiana, la migliore tradizione socialista, cattolica e liberale a un determinato momento eravamo avanti. Quel momento molti lo hanno scordato, e qualcuno non ne avrà neppure sentito parlare. Enrico Berlinguer, grazie alla sua capacità di ascolto del mondo cattolico (Franco Rodano ne era un’alta espressione) e del più avanzato mondo scientifico internazionale, pronunciò nel 1977, al Teatro Eliseo di Roma, un intervento sul tema Austerità: occasione per trasformare l’Italia. I suoi detrattori, fuori e dentro il PCI, vi videro una concezione frugale e pauperistica (cattocomunismo, si disse con disprezzo) e una critica del capitalismo incapace d’intendere i bisogni nuovi, la funzione positiva dei consumi di massa, la necessità di “modernizzare” l’Italia, le esigenze dello Sviluppo con la esse maiuscola. Anche ora, nei recenti congressi, i compagni che sostengono la mozione Bonaccini, aperta da una frase di Berlinguer, hanno spesso sottolineato che quella è l’unica mozione “per lo sviluppo”, mentre alla mozione Schlein rivolgevano, consapevolmente o meno, le stesse accuse di pauperismo, antimodernismo e astrattezza rivolte allora a Berlinguer.
Una delle fonti principali della visione berlingueriana era il rapporto I limiti dello sviluppo (The Limits to Growth, oggi tradotto I limiti alla crescita) elaborato nel Massachussets Institute of Technology di Cambridge (USA) per il Club di Roma, con prefazione di Aurelio Peccei, presso Mondadori nel 1972 (mezzo secolo fa!).
Questo rapporto controbatteva le previsioni di un felice ed illimitato sviluppo economico e tecnologico che avrebbe “assicurato all’umanità entro un quarto di secolo (cioè entro il Duemila) il successo, materiale ed economico” e, sulla base non di opzioni ideologiche ma di osservazioni scientifiche, sosteneva:
Il comportamento delle nazioni consumatrici è destinato ad avere gravi ripercussioni sulla futura disponibilità di materie prime e quindi sulla possibilità di assicurare migliori condizioni economiche e un tenore di vita sufficientemente alto per ciascuno dei 7 miliardi di abitanti che la Terra avrà nel 2000.
Qual era allora la svolta radicale auspicata?
Queste nazioni possono imparare a ricuperare e reimpiegare i materiali già utilizzati, possono mettere a punto nuove tecniche che consentano di prolungare la durata dei prodotti [la vera sostenibilità è la durevolezza o durabilité, come si dice in Francia], possono infine modifi#care i propri indirizzi in campo economico e sociale, scegliendo dei modelli di sviluppo che soddisfino le esigenze dei cittadini rendendo minima, anziché massima, la quantità di beni materiali che ognuno di essi consuma.
Molto chiaro, già allora, ma allora tra i dilemmi dell’umanità si considerava soprattutto il rapporto tra limitatezza delle risorse e aumento della popolazione mondiale. Oggi risulta centrale il dilemma della sora madre terra (attenzione, è femminile!), la questione della minaccia globale all’abitabilità del pianeta e al futuro delle nuove generazioni: il cambiamento climatico, la siccità, lo scatenamento di processi difficilmente controllabili dalle tecnologie come quelli dovuti al COVID ne sono gli esempi più evidenti.
Dunque i conflitti oggi non sono più sociali ma geo-sociali, ed è per questo che Giustizia sociale e climatica sono inscindibili. Questo cambiamento di paradigma può essere realizzato solo attraverso un cammino lungo e difficile, ma una svolta radicale della più grande forza della sinistra italiana è certo un passo, pur piccolo, in questa direzione.
In questo quadro è cruciale la parola “ricongiungimento”, che Schlein ha messo al centro del suo impegno e che noi abbiamo valorizzato nell’appello per fare di lei la segretaria del PD, andato ben oltre le 150 firme. Ricongiungere le tradizioni di solidarietà e impegno riformatore della sinistra e del mondo cattolico alla “nuova classe ecologica” (B. Latour), in una coerente visione di economia circolare, inclusione e integrazione, crescita culturale collettiva, difesa della biodiversità nella natura e nella cultura.