il paesaggio

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Che cos’è il paesaggio? È una bellezza naturale, un panorama suggestivo o il luogo della nostra vita ordinaria? E’ il prodotto della natura ovvero un “ponte” che l’uomo continua a costruire tra passato e futuro? E’ il luogo della memoria e della nostalgia o anche l’ambiente reale della nostra esistenza e il fondamento della nostra speranza? E’ qualcosa che riguarda il nostro io, le nostre percezioni soggettive, la nostra casa o è comunque un patrimonio comune che possiamo percepire, apprezzare e studiare come qualcosa che tutti ci riguarda?

 

 

 

Per la Convenzione Europea del Paesaggio, firmata a Firenze nel 2000 e ratificata dall'Italia (Legge 14/ 2006), il paesaggio è un bene comune indipendentemente dal valore che gli viene attribuito. E’ la «componente essenziale del contesto di vita delle popolazioni, espressione della diversità del loro comune patrimonio culturale e naturale, nonché fondamento della loro identità». Paesaggio, dunque, non sono solo i luoghi più belli o significativi. Ogni porzione di un territorio ne è parte. Anche quelle che ci appaiono brutte o degradate sono paesaggio. Esso porta con sé tutti i segni delle trasformazioni del tempo, dell’intreccio di popolazioni, culture, conflitti e attività economiche della storia umana. E sarà sempre lo specchio della società che lo abita e del suo modo di interagire con la natura e di organizzare il proprio spazio fisico. Le meravigliose colline toscane, un borgo antico, ma anche una rete autostradale o ferroviaria o un’acciaieria davanti a un porto mercantile formano il paesaggio. E’ in tutta questa varietà di luoghi e di storie che un paesaggio esprime l’identità di una popolazione e le trasformazioni che l’hanno investita nello scorrere delle epoche. Per questo il paesaggio è un flusso costante di cambiamenti ambientali, funzionali (cioè “economici”), visivi e non può essere certo imbalsamato. Ma ne parliamo come di qualcosa che va comunque tutelato: perché è la forma di un Paese, il risultato sempre in divenire dell’azione di una comunità, la continua modificazione della natura e delle precedenti opere dell’uomo e dunque la fonte delle regole del nostro stare sul territorio, del nostro utilizzare le sue risorse, di quei nostri progetti politici organizzati nello spazio che sono le nostre città, le nostre campagne, le nostre colline insieme alle coste e alle montagne. Progetti politici e di governo che hanno senso e legittimità storica e sostanziale se hanno nelle future generazioni i loro destinatari primi e i loro giudici naturali. E la tutela del paesaggio consiste nel controllo e nella capacità di dirigere gli interventi che lo plasmano ad opera della comunità che vive e opera su un dato territorio. Sarà tutela se perseguirà una “ordinata mutazione dell’ambiente modellato nei secoli, perché non venga distrutto, anche se non può essere sottratto - nella sua interezza - ai mutamenti che l’opera dell’uomo necessariamente vi apporta” (A. Predieri, 1969). Sarà una tutela efficace e attiva se saprà guidare e gestire l’evoluzione conoscendo la storia di lungo andare delle trasformazioni territoriali e dunque del paesaggio e se saprà cogliere in quella stessa storia le regole che debbono guidare il suo mutamento e la sua conservazione perché esso mantenga il suo valore lungo lo scorrere del tempo. Insomma, per parafrasare Italo Calvino, il paesaggio è l’essere di un territorio ma anche la condizione del suo divenire.

 

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