verso Bisanzio...
tutti smart
Scritto da Fabiano Corsini
Con questa nota vorrei proseguire la mia riflessione sulla Città di Pisa, dopo la presentazione del libro di Paolo Fontanelli.
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Per compiere ogni piccolo passo, sperando che sia in avanti, abbiamo bisogno di avere una immagine del futuro, una idea sul dove vogliamo andare. Parlando del futuro della nostra Città, mi pare di cogliere che nei pochi generosi tentativi di pre-figurazione di futuro si prendono in considerazioni due elementi, che sembrano essere assunti come “invarianti”: la diffusione del modello amazon, per il quale si prevede una radicale trasformazione della rete cittadina del commercio, una rete, si badi, che per un secolo ha costituito la nervatura vitale della socialità urbana; una accelerazione decisa del processo di de-centramento del lavoro, con il modello del “lavoro agile”, smart working, destinato a diventare il modello prevalente e tendenzialmente esclusivo del lavoro.
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Prima di intraprendere una riflessione sul come dobbiamo attrezzarci per affrontare questi processi, per cercare anche di governarli, voglio premettere, in forma di inciso, che è necessaria una grande cautela: troppe volte la rappresentazione del futuro, dalla quale dipendono le scelte per presente, è stata condizionata e distorta, forse per effetto della contaminazioni ideologiche che pesano sul nostro modo di vedere la realtà. Molte scelte dei primi anni del terzo millennio sono state fatte perché gran parte della politica aveva gli occhi annebbiati da un mito, quello della crescita continua, del quale si ignoravano le bolle e i vizi. Mega-infrastrutture che avrebbero supportato una crescita illimitata della mobilità sono state rese ridicolmente inutili dal concantenarsi della crisi del terrorismo, della finanza, poi della pandemia. Credo sia più prudente cercare di cogliere le linee di tendenza in quello che accade, senza estrapolarne visioni generali e previsioni di medio e lungo periodo, che in questo momento nessuno è in grado di fare. Le fanno forse certi investitori di livello planetario, che poi, per dare forza alle previsioni, mettono in atto anche strategie planetarie per realizzarle praticamente. Ma chi pratica l'utopia del bon governo deve attenersi alla prudenza e al principio di precauzione: grandi visioni ma passi lunghi solo un pochino di più della gamba.
Pisa dei miracoli..
Scritto da Fabiano Corsini
Riletto oggi, a tanti anni di distanza, il libro di Paolo Fontanelli si fa apprezzare di più. Il Sindaco di Pisa, giunto alla fine del suo mandato, ci regalò un vero e proprio racconto, il racconto della ri-nascita della Città. Una città che, come altre volte nella sua storia era già accaduto, si era perduta. Era venuta a mancare per una sorta di entropia, non una vera e propria morte, ma la perdita implacabile della sua natura, della sua specialità, persino della sua identità. Si suole ricordare la sconfitta della Meloria come radice di tutti i mali successivi, in realtà il dramma-trauma di quella sconfitta si è più volte ripetuto, come una sorte di sindrome, coazione a ripetere, eterno ritorno alla filosofia della sconfitta, del lavorone, al ricordo nostalgico di Quando almati di talghe e di cimieri Sonavan la grancassa 'n su' gropponi e Pisa era “ la 'ova de' guerrieri!…”.
In realtà una morte nera recente c'era stata. La morte delle macerie, per dirla con il titolo di quel dramma poco valorizzato di Domenico Sartori, la distruzione fisica della città per effetto dei bombardamenti americani del 1944, che vennero a suggellare e a dare evidenza e spiegazione alla epopea nefasta di quella sottocultura cittadina testimoniata in quei filmati raccolti da Mario Benvenuti e che in questi giorni sto mostrando su Facebook: le adunate oceaniche, l'onore agli squadristi, la celebrazione di una cultura che si piegava alle leggi razziali.
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